
“Menta semplice, santoreggia montana, tiglio profumato…”. A Laghidivini si incontra anche lo speziale, il dott. Emilio Pezzullo, erborista e chef, come è stato presentato. Senza dubbio le piante le conosce davvero e ne conosce anche i momenti della raccolta, l’utilizzo, le proprietà e le parti da utilizzare. E scopri così che per la festa di San Giovanni (il 24 giugno), che corrisponde al solstizio d’estate, anche detta “notte delle erbe magiche”, ogni regione ha le sue tradizioni e le sue peculiarità, ma tutte legate a un mazzetto di fiori ed erbe aromatiche, che non sono sempre le stesse. C’è chi usa lavanda, rosmarino, salvia ed erba cipollina, insieme a coriandolo, aneto, cerfoglio e borragine dai fiori blu e chi aglio, calendula, iperico e poi aggiunge la ginestra e altri fiori profumati. C’è chi usa il mazzetto per scegliersi il compare (soprattutto al sud) che deve ricambiare con un ugual mazzetto e chi mette tutto il mazzetto a bagno nell’acqua e fuori, in giardino, per incorporarvi tutta l’aria notturna di una notte così magica, nella quale, come diceva Shakespeare, “accadono cose strane”. E al mattino ci si lava il viso con quell’acqua, per diventare sane e belle (Marche e Umbria). C’è chi accende falò in cima alle colline in onore del sole, perché purificatori e rigeneranti… Era una richiesta dei contadini affinché il sole potesse continuare a vegliare sui campi, scaldandoli e facendoli crescere rigogliosi e pieni di colori. In Emilia Romagna si fa un mazzetto con 24 spighe di grano che si conservano per tutto l’anno come potente portafortuna.
In questo angolo del Lazio, sul lago di Bracciano, si fa un mazzetto di erbe aromatiche, mettendo insieme noce, tiglio, vitalba, menta semplice, germogli teneri del rovo, elicriso e santoreggia, si lega tutto stretto e si attacca alla porta di casa, così che per un anno tenga lontana la jella.
E si può non dar seguito a una tradizione di così buon auspicio? No, certo che no! Si dice, infatti, che in questa notte di San Giovanni tutto può accadere e tutto si può rimediare… Tant’è che un mazzetto del genere, pronto per finire dietro la porta di casa mi è stato preparato, regalo dello “speziale” e di Sandra Ianni, organizzatrice di Laghidivini, ma anche di questi incontri interessanti che hanno permesso ai presenti di saperne un po’ di più su erbe e loro usi, sulle meraviglie della natura e le proprietà infinite delle piante spontanee. E’ così che abbiamo imparato, per esempio, che tenere un po’ di rosmarino in infusione in acqua fredda produce una bevanda energizzante (quasi come il caffè!), perché il rosmarino è del tutto simile al ginseng e agisce sul cervello e sulle sinapsi del cervello; o che la clematide vitalba, con la quale si fanno risotti e frittate (ma solo con i piccoli getti primaverili perché contiene un alcaloide nocivo alla salute) e i cui rami più legnosi possono essere fumati, come succedeva nelle campagne di tanto tempo fa, è anche detta l’erba dei cenciosi o erba dei pezzenti, perché le sostanze urticanti delle foglie, strofinate sulla pelle, venivano utilizzate dai mendicanti per procurarsi irritazioni e ulcerazioni in modo da impietosire i passanti che potevano anche lasciare offerte. In Nuova Zelanda, ad esempio, è stata dichiarata “unwanted organism”, proprio perché non gradita. La radice del nome della passiflora induce a pensare a qualcosa di stuzzicante, intrigante, quasi fuoco e iperattività, perché in assonanza con la parola “passione”, in realtà la passiflora è un calmante. E anche la melissa ha effetti del tutto simili alla camomilla. Con le noci non ancora mature, come si sa, si prepara il nocino, un liquore piuttosto forte e conosciuto in ogni angolo d’Italia. Forse quello che non si sa è che con i residui della lavorazione del nocino si può produrre un vino sicuramente più leggero del liquore, ma altrettanto aromatico e gradevole. La santoreggia aggiunta al vino, invece, produce un elisir afrodisiaco, una specie di viagra degli antichi romani. Non a caso era un’erba dedicata ai satiri.
Anche il rovo ha le sue proprietà non indifferenti ed è anche facile da reperire e soprattutto da riconoscere, visto che è la pianta, piena di spine, che ci regala le more ad agosto. I giovani getti sbollentati nell’acqua costituiscono la base per un ottimo risotto, ma possono essere anche utilizzati in infusione in acqua calda per ottenere un bevanda del tutto simile al tè verde e ugualmente benefica. Questa tisana è possibile realizzarla, oltre che con i getti più teneri (e senza spine), con le foglie vecchie essiccate.
Interessante scoprire che l’olio aromatizzato viene meglio se è fatto con le olive macinate direttamente insieme all’erba aromatica che si desidera e che le piante vanno messe tutte in infusione la sera in acqua fredda e poste sotto il “sole della luna”, ovvero quella luce, indubbiamente più tenue, che si riflette proprio sull’astro notturno.