Mi chiamo Cristiana Carnevali e sono una giornalista, anche se dovrei dire che sono ormai una
casalinga di Polverigi, ridente paese della periferia di Ancona. Da giovane, quando studiavo per sostenere l'esame e diventare professionista, dopo il praticantato in un piccolo giornale di
provincia, tutte le volte che sentivo parlare della famosissima
casalinga di Voghera (è citata in tutti i libri di chi studia per
sostenere l'esame di abilitazione alla professione), come punto di riferimento della categoria, sorridevo,
pensando che, nonostante il massimo rispetto che le portavo, io non avrei mai
fatto parte della categoria. Mai dire mai... Eccomi qui, una carriera
interrotta da una serie di editori-banditi incontrati per strada e
poi la scelta della famiglia, la crisi che ti cancella dal mondo professionale lasciandoti con la voglia di fare, di
vivere, di ricostruire il tuo sogno lasciato a metà. Ma in questa
Italia non c'è spazio per l'esperienza, per il saper fare, per la meritocrazia, per la
voglia di mettersi in gioco e rendersi utile. Quelli di 50 anni, come me, forse è meglio lasciarli
in mezzo a una strada, che diritti possono avere? Meglio tenersi
stretti quelli con una tessera di partito in tasca, che magari sanno
a malapena fare la propria firma, ma conoscono il politico del
momento e sono intoccabili. Quelli come me, che potrebbero insinuare
il seme della "rivolta", della rimessa in moto dei
cervelli, meglio lasciarli da parte... Sì, lo ammetto, c'è molta
amarezza in questo e non soltanto perché io sono fuori dai giochi e
non è facile perché non ci sono abituata e non è giusto, quanto
perché questo sta diventando sempre più il leit motiv di questa Italia. E io sono ogni giorno più spaventata, perché appartengo
ancora a quella categoria, ma vivo dall'altra parte della barricata;
sento la superficialità di certe scelte che si fanno in questa professione, a volte non c'è più nemmeno la preoccupazione di verificarle le proprie notizie, spesso non è più interessante cercare di essere obiettivi, ormai si farciscono i bei servizi di
parolacce, perché così è fico e non ci si rende conto che, ancora oggi, questa categoria rappresenta un punto di riferimento e rimarrà tale finché ci
sarà anche solo una persona, una casalinga di Voghera, o di qualsiasi altro posto d'Italia, che dirà, per la strada: "Sì, è
così, l'ho appena letto su quel giornale"... oppure "L'hanno
detto alla televisione". Ricordo un tempo in cui, giovane e
animata di buonissime intenzioni, ricordavo a me stessa ogni mattina
che la professione che mi ero scelta era una missione e come tale
andava vissuta, alla stessa stregua di un medico o di un religioso. E
ci credo ancora, nonostante tutto. Non so quanto accetterei di
scendere a compromessi, quanto riuscirei a guardarmi e sorridermi
la mattina, davanti allo specchio. E infatti io sono fuori. Fuori da
qualsiasi possibilità di lavorare, di tendere all'obiettività, di
contribuire a fare in modo che le cose in questo Paese funzionino
davvero, di poter evitare fregature ai miei simili. Fuori. Dalla
parte della casalinga di Voghera, io stessa casalinga di Polverigi e
dovrei essere così importante per i miei ex colleghi da venire
costantemente citata, come destinataria di ogni informazione...