
Io me lo ricordo ancora così, quando, parlando, mi disse: "Ti piace Candy Candy perché è dolce come te!". Mi ero appena "cosparsa il capo di cenere", ero a testa bassa, io, liceale, non potevo amare e guardare i cartoni animati! Oggi sarebbe tutto diverso, ma alla fine degli anni Settanta, proprio no! E Luigi Moretti era una montagna di capelli nerissimi, con due occhi scuri che non smettevano mai di sorridere. Ci si incontrava in un vecchio laboratorio di costumi teatrali in centro, con Sirio e Guerrino, altri due amici. Nel periodo di Carnevale c'era sempre molto da fare: si arricchivano ancora un po' quegli espositori già traboccanti di abiti meravigliosi, con nuove creazioni, anche in gommapiuma. Ricordo, ad esempio, un costume da carota che per me, incapace di alcunché di creativo, appariva proprio bellissimo!!
E poi arrivava Luigi e sapeva come attirare su di sé tutte le attenzioni. Era l'esperto, lo stilista (lavorava, infatti, come disegnatore di moda in una nota azienda del capoluogo marchigiano) e soprattutto per me, che non so tenere una matita in mano, quando arrivava con sottobraccio il suo mucchietto di bozzetti, era sempre un'occasione per rimanere a bocca aperta... Ricordo come se fosse ieri, tutti i particolari che lui metteva, truccava anche le sue modelle di carta! E avevano delle acconciature meravigliose! Senza parlare poi dei vestiti!
Ma tutto questo era allora... non diciamo quando, anche se è proprio di questi giorni la notizia che Candy Candy ha compiuto 40 anni! Ho ritrovato Luigi Moretti su Facebook, ma soprattutto l'ho ritrovato in molte fiction in tv. Già... ne è passata di acqua sotto i ponti!
Luigi come è avvenuto il passaggio?
"Non è stato netto, in realtà io ho cominciato a recitare in teatro da quando avevo 16 anni, ma sono andato a Roma a fare l'Accademia di Moda e Costume, proveniendo dall'Istituto d'Arte. Non avevo ancora capito bene che volevo fare l'attore, ma quando sono arrivato al bivio della specializzazione, mentre io avrei scelto il Costume, sono stato, invece, indirizzato verso la Moda. Ho sempre disegnato e da quando scoprii il figurino ho sempre avuto rapporti stretti, per così dire, con la moda... Di backstage di sfilate ne ho fatti molti e per moltissime firme importanti della moda italiana. Ho anche un diploma di decoratore di interni, ma non ho mai voluto seguire la strada dell'Interior Design. In pratica per un certo periodo tutto è corso in binari paralleli e con tutto intendo la moda e il teatro, poi ho smesso il teatro, ma mi mancava troppo, sono tornato al teatro, ho lasciato la moda, è arrivata la tv e oggi sono tornato alla moda, perché occasionalmente mi capita di lavorare alla regia di eventi e di sfilate. Una cosa è certa: ho seguito sempre il cuore, anche quando mi ha fatto prendere porte in faccia!".
Quali sono i tuoi ricordi di quel periodo?
"Attualmente posso dirti che sono ricordi legati alla frequentazione dell'Accademia. Sembra incredibile, ma per eventi recenti (una mia nipote che si è iscritta e si confronta con me tra professori e percorsi di studio e la complicità di Facebook, attraverso il quale ho ritrovato qualche compagno di studi) l'Accademia mi torna sempre in mente".
E poi?
"In termini di ricordi ne ho tantissimi legati ai due anni in cui ho lavorato in Tunisia, un'esperienza unica, nel bene e nel male. Ho riportato con me tante di quelle contaminazioni e suggestioni, colori e profumi, energia allo stato puro e quindi idee che ho immediatamente trasferito nel lavoro. "Confessioni" della mia amica Fiammetta Carena, lo spettacolo con otto monologhi di persone che si confessavano allo spettatore è nato così, non a caso ambientato in un suk tunisino...".
Qual è stato il percorso per arrivare alle fiction?
"Mi ero trasferito a Roma e la cosa da fare subito era trovarsi un agente. Quello che fa per te non lo trovi subito al primo colpo, ma una volta trovato quello giusto le porte della fiction si sono aperte magicamente. La prima è stata Carabinieri. E se ci penso ancora mi viene l'ansia, perché il giorno in cui dovevo girare le mie scene, in contemporanea avevo una prima a teatro... Tutta una corsa!"
Perché ti danno sempre i ruoli da cattivo? Io non ti ci ritrovo e tu?
"Non lo so, forse con i tagli delle inquadrature, le luci, la mia faccia viene resa autorevole, tanto da darmi i connotati giusti per quei ruoli, ma in realtà non mi ci ritrovo nemmeno io. Ma forse il mio ruolo è proprio quello del personaggio negativo, non solo cattivo, ma anche severo, corrotto, comunque un personaggio negativo!".

Hai curato la regia di molti lavori teatrali, seguito i tuoi allievi nei corsi, hai insegnato a molti a calcare un palcoscenico... che cosa ti dà maggiore soddisfazione?
"Nasco come attore, quindi regista e solo dopo come docente... Mah, se devo essere sincero fino in fondo, quello che la mattina mi fa alzare contento è fare una regia. Gli spettacoli sono le tue creature che devi coccolare, amare, far crescere. Adoro tutto il lavoro che c'è dietro una regia, dall’analisi del testo fino alla fase di creazione dei personaggi con gli attori. Mi piace proprio tanto lavorare con gli attori, lo scambio, il confronto, le idee. Insomma sì, una regia mi rende felice anche nel veder crescere tutto il resto, dai costumi alle luci. E lo faccio con passione, quelle passioni che ti restano dentro, tanto che rivedermi in un ruolo è una cosa, ma rivedere una mia regia mi emoziona ancora. E' come aprire un album fotografico, una scatola di ricordi, ritrovando persino i profumi oltre alle situazioni. Poi mi piace moltissimo anche stare con i ragazzi. Pensa che con la maggior parte dei ragazzi a cui ho insegnato sono ancora in contatto e ci si confronta, mi chiedono consigli, suggerimenti. Questo mi ha sempre fatto sentire amato e rispettato dai miei allievi. Insegnare in sé, fare il docente, insomma, mi piace molto meno rispetto al rapporto umano che può instaurarsi. Mi piace conoscerli, sapere cosa pensano. Forse per quanto riguarda la docenza in sé sono un po' influenzato da un aforisma che mi ricordava sempre un'amica: "Chi sa fa, chi non sa insegna".
Ma anche in quello che mi diverte meno, se c'è una cosa che mi ha sempre caratterizzato è il trovare uno scopo, un aspetto che mi piace e che mi fa piacere una particolare attività che proprio non mi esalta. Ecco, mi piacerebbe che di me si dicesse che sono una persona onesta, perché in questi tre ruoli di attore, regista e docente ho rispettato sempre gli impegni, portandoli avanti al massimo delle mie possibilità, con onestà, appunto!".
E cosa ti emoziona di più tra lo stare davanti a una macchina da presa e il sentire il pubblico che respira?
"Sono emozioni diverse. Scatta una sorta di questione di mestiere, perché le modalità espressive sono diverse, che è anche un'arma a doppio taglio. L'obiettivo del mestiere dell'attore dovrebbe essere sempre e comunque la ricerca della verità, per raggiungere la quale gli strumenti sono molteplici, a seconda del mezzo. Si dice che in un qualche modo l'attore di teatro sia 'tronfio', diciamo così, pieno di sé, mentre quello di cinema è più leggero, perché una scena si può rifare, c'è il doppiaggio, ecc., ma un attore è un attore sempre, deve metterci sempre tutto se stesso. Certo con modalità diverse, perché gli strumenti sono diversi. Cambiano i mezzi di espressione, ma gli obiettivi reali sono sempre gli stessi. C'è un controllo di tipo diverso: a teatro devi controllare cose che davanti a una macchina da presa non hai e viceversa. Sul set a volte ti può capitare di dover assumere pose impossibili per esigenze di inquadratura, ad esempio, se sei a teatro c'è il pubblico a fare da quarta parete, lo senti che ride, partecipa, applaude, magari tossisce. Sia nei lavori leggeri, come in quelli drammatici, senti le emozioni in maniera molto forte. Ma questo è solo una diversità di mezzo, perché comunque l'attore deve avere un obiettivo unico che è la verità, deve pensare solo a quella! Per quanto riguarda le emozioni, certo, nella concentrazione massima, un'emozione in più ti arriva, a teatro, dalla risposta del pubblico che tieni inchiodato con te su quel palco!
Poi è emozionante anche, sulla scena, l'intesa con i colleghi, il piacere di lavorare con alcuni di loro perché c'è assoluta complicità, stima reciproca, supporto. Sai che ti puoi fidare, ti spalleggi. Sì, questo è un aspetto che amo molto di questo mio mestiere. Per esempio ho dei ricordi bellissimi con la ex Compagna giovani del Teatro Stabile delle Marche, uno dei periodi più felici della mia carriera".
C'è qualcosa che non ti hanno ancora proposto e in cui ti cimenteresti volentieri?
"Sono sempre stato un attore molto controllato, a volte apparentemente freddo, forse è per questo che credo che il ruolo della mia vita non l'ho ancora interpretato".
E allora qual è il tuo sogno più grande ancora nel cassetto, questo "ruolo della tua vita", così come lo chiami?
"So che ruolo è, ma non so se esiste! Nel senso che in letteratura non l'ho ancora trovato. Sono dieci anni che cerco di trovare un monologo per portarmi in scena da solo, ma non l'ho ancora trovato. Vorrei che fosse un personaggio di spessore, profondo, per cui è richiesto un lavoro emotivo forte, quasi inedito. Mi piacerebbe che fosse un uomo spezzato dalla vita, fragile... forse anche un padre, io che non lo sono! Mi piacerebbe un ruolo per cui si potesse contare su un Luigi Moretti profondo, emozionante. Un protagonista vero, grande sulle espressioni, capace di trasmettere sensazioni forti. Non ho un testo del cuore o un personaggio del cuore, vorrei, ma non l'ho ancora trovato".

"C'è qualcosa e anche importante. Ma non ne parlo e non è per la solita scaramanzia degli attori, ma ti dirò che, dopo oltre una dozzina di fiction, ho imparato che finché non iniziano le riprese e tu sei lì che reciti, non c'è niente che si può dare per scontato!".
E dopo “I Blues” di Tennessee Williams con Elena Sofia Ricci, quali novità in teatro?
"Per una serie di questioni familiari che mi hanno riportato nelle Marche, il mio lavoro su Roma sta un po' soffrendo, per così dire, ma questo non significa che non abbia da fare un sacco di cose. Intanto sono rientrato nella mia regione dove ho lavorato tanto e riallacciando i rapporti di un tempo, si aprono canali sempre nuovi. Mi sto apprestando a un anno di insegnamento perché insegnerò recitazione full time in una nuova scuola di Ancona che si chiama Accademia 56. Contemporaneamente, da novembre a giugno, farò docenze presso la "Voice Art" di Pesaro. Per quanto riguarda più propriamente il palcoscenico, ho in programma due regie, una sarà uno Shakespeare con una compagnia di giovanissimi e l’altra un testo contemporaneo con due sole attrici sul palco".
Di cose ce ne sarebbero ancora un'infinità da raccontare e riportare, ma magari potranno rappresentare un nuovo motivo per tornare a fare due chiacchiere con Luigi Moretti, in attesa di vederlo in tv, a teatro e, perché no, sul grande schermo!